massoneria

Torino nizza-dante (due)

Torniamo a quell’ambito urbano di Torino, compreso fra via Nizza e il Valentino (est-ovest) e via Valperga Caluso-Corso Dante (un poco più in la di corso Dante, ma non proprio fino a Corso Bramante, che comincia ad essere un ambito diverso), di cui già abbiamo detto qui.

La zona, per nominarla, è ancora San Salvario. Basso San Salvario. Non ha esattamente i caratteri del San Salvario più vicino al centro, a Porta Nuova e corso Vittorio. Ad esempio, giù non ci sono più spazi urbani pensati come unitari (le piazze), che in qualche modo a San Salvario alto senti. E’ ibrido in questo,  già in parte come nel ‘900: gli unici spazi urbani diversi dai percorsi derivano da anomalie di tracciato che generano spazi residuali. Tipico nella sua accidentalità, lo spiazzo ad X che viene a formarsi dall’incrocio fra via Belfiore (parallela a via Nizza) e via Madama Cristina (che invece segue l’orientamento della Torino originaria, essendo la prosecuzione di via Accademia Albertina). Questa parte di città si costituì già soprattutto come fatto quantitativo, economico. Eppure, per inerzia, si continuò a “tramare” la città secondo tradizione: larghezze delle vie, allineamenti. L’allestimento del triangolino di risulta con tanto di monumento.

vista aerea dello “spazio ad x” dall’incrocio fra via Madama Cristina e via Belfiore.

vista generale dello spazio ad x intersezione via Madama Cristina via Belfiore.

Monumento massonico. Qui lo dico e qui lo nego, quasi tutta la celebrazione monumentale della Torino risorgimentale è massonica. In ogni caso, la massoneria è una chiave di lettura probabile per l’arte di quel tempo. Ecco il monumento a Felice Govean. Chi era costui? (e vai di wiki). Devo dire che il risalto percettivo di questo monumento in quello spazio casuale è assai meno forte che quello che si intuisce dalla foto sotto. I monumenti ottocenteschi sono fotogenici, e facili da fotografare. Derivano da bozzetti di disegno fatti con lo studio delle ombre, ben sbalzati. Il fatto è che, tuttavia, questi monumenti ottocenteschi sono un po’ sordi, funebri. L’oblio del celebrato (Govean) è direttamente proporzionale alla scarsa vibrazione profonda di questa arte, al suo essere come un soprammobile.

Il monumento nel lato largo dello spazio ad x (via Madama Cristina via Belfiore)

Dicevamo, città già quantitativa, moderna, e tuttavia, secondo tradizione. Si ma in modo sempre più debole. L’edificio tende ad essere, già, un individuo a sè, a presentarsi con il suo atteggiamento, il suo modo di vestire, a scalciare dietro l’allineamento, a reclamare la sua unicità. Eppure, i codici di questa transizione ci sfuggono, forse più ancora di quanto ci sfuggono quelli classici. Ad esempio, quale è stato il motivo per cui chi ha progettato l’Istituto in cui risiedeva Cesare Lombroso, e inaugurato due anni dopo la disfatta di Adua, ha sentito il bisogno di apporre una coppia di qualcosa di molto simile a minareti?

vista pomeridiana, vista d’epoca dello stesso lato (ma forse, dietro era ancora campagna) e vista aerea.

Qual è il reale significato (se c’era, se non era solo un gioco) dell’eclettismo di sapore orientalista? C’entrerà, di nuovo, la massoneria? Al di là di tutto, oggi apprezziamo molto che ancora disegnassero le cose con piacere e perizia. Oggi il disegno delle case è un lusso, a dispetto (o forse, a causa) della abnorme quantità di architetti sfornati dalle università italiane.

Un altro elemento enigmatico sono i contrasti di San Salvario, tutto. Questo contrasto è di vecchia data. Già rilevato, faccio una digressione letteraria, da Paolo Volponi nel suo Le mosche del Capitale (Einaudi, 1989), nella sua descrizione di “via dell’Orma” (ossia di via Ormea), parte prima, par.3, dopo l’iniziale notturno dalla collina torinese che parafrasa con un gioco un po’ ironico, mi pare, il famoso notturno di Alcmane. Questo mix di botteghe, negozi, uffici importanti (poco più in là c’erano gli uffici Fiat di corso Marconi, quelli dove stava la “testa”), giovani professionisti (allora si diceva yuppies, parola che Volponi rifiutò di scrivere), ma insieme gli studenti, la piccola borghesia, artigiani, prostitute (sempre stata una zona di prostituzione lungo le strade) e ancora fabbriche e operai, nonostante la delocalizzazione (poco più in fondo, c’è ancora La Microtecnica).

Pure questa “mixitè” (parola oggi molto apprezzata dagli addetti ai lavori) non era cercata, non ostentata, era solo in fondo il portato del fatto che la città moderna non era cresciuta in modo propriamente moderno, funzionalista (e pertanto, crebbe senza segregazione programmatica sociale, etnica e di attività).

dalla mia finestra, a sinistra. Nell’ingrandimento della foto, a destra, una delle prostitute che stazionano nel pomeriggio.

(continua)