architettura anni 30

Noi e l’architettura del ventennio – I introduzione al tema

Amate l’architettura nella bella veste rinnovata del sito, sta pubblicando una mia riflessione sul tema nel titolo, diviso in tre parti (si sa, gli scritti in rete devono essere brevi e allora li spezziamo)

Argomento spinoso ma deve essere affrontato.

riporto direttamente qui il testo

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Nel corso degli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso sembrava ormai avviata la definitiva storicizzazione di quella parte di storia italiana sotto il regime fascista, il “ventennio” che si suole periodizzare dal 1922 al 1943.

La storicizzazione è un processo di “metabolizzazione” di eventi passati in modo completo, ossia finiti da un tempo sufficiente da consentire una loro valutazione spassionata, fredda, non alterata da motivazioni politiche attive.

In questo caso, l’intensità del fenomeno e la sua violenta conclusione (la guerra in alleanza con la Germania nazista, la Resistenza, gli strascichi violenti protrattisi ancora fino agli anni ‘70), ma anche la particolare caratteristica del fascismo, che fu matrice di tante dittature anche del secondo dopoguerra in quanto primo modello di “nazionalsocialismo”, ha reso il processo di storicizzazione lungo e difficile.

Tuttavia, almeno sul piano accademico, questo processo sembrava ormai arrivato a maturazione,a mezzo secolo dalla fine del fascismo.

Parlando di architettura, del 1993 la mostra “Architettura italiana d’oltremare (1870-1940)”1 segna a mio parere il punto in cui questa storicizzazione divenne assodata anche fuori dal campo accademico, in cui la storicizzazione era già avvenuta (il saggio di Giorgio Ciucci per Einaudi2 ma ancora prima, quasi troppo presto, il volume di ampia periodizzazione di Accasto Fraticelli e Nicolini3 e il celebre saggio di Cesare De Seta4.

Questo processo di storicizzazione sembra però oggi regredito. Chiunque oggi si sia trovato a parlare di architettura degli anni ‘30 sa che non può fare apprezzamenti di sorta, o anche solo prendere in esame la cosa, pena l’essere stigmatizzato come simpatizzante del fascismo. Il clima non è più sereno. Che cosa è successo?

Credo che si assista in questo periodo alla evoluzione di alcuni fenomeni concomitanti.

Il primo è ideologico/filosofico, dovuto alla influenza del mondo anglosassone, ed è dato dalla assolutizzazione e resa metafisica degli eventi della seconda guerra mondiale. Ad esempio, il nazismo visto come “il male assoluto” e non come elemento storico determinato, la teorizzazione del “fascismo eterno” °(ur-fascismo) di Umberto Eco, spesso glorificata acriticamente anche se si trattava, in fin dei conti, di nient’altro che una estemporanea brillante conferenza di Eco negli Stati Uniti.5 Oppure le polemiche giornalistiche sciocche e di basso livello riguardo al fatto se il regime avesse o non avesse fatto anche cose buone, (al che si è, sotto ricatto morale, costretti a dire l’impossibile, cioè che in 20 anni di governo qualcuno abbia potuto fare solo cose cattive).

Questa mitizzazione genera oltretutto fenomeni revanchisti di segno contrario, anche a livello istituzionale, che rinnova odi e passioni laddove sarebbe opportuno costruire una coscienza storica accurata e diffusa.6

Il secondo fenomeno è in parte collegato. La crescita di movimenti di contestazione dell’establishment “democratico” (ossia del capitalismo contemporaneo, internazionalista e progressista), inscrivibili in un’area ideologica di populismo anche talvolta nazionalista, favoriti dalla sparizione di fatto di una sinistra popolare, sono stati spesso stigmatizzati, spesso in modo sleale e scorretto, come “fascisti”, e dunque classificabili come “male assoluto”.

Tutto questo ha di fatto congelato il processo di storicizzazione del fascismo, oltre ad ingessare e incancrenire i processi politici attuali. Va detto chiaramente che il processo di storicizzazione, invece, sancirebbe la definitiva e ufficiale morte del fascismo.

Comincerei a sgombrare il campo dalle idiozie del tipo “ha fatto o non ha fatto cose buone”.

Al di là del fatto che “buono” è un giudizio morale che, su un piano storico scientifico, non ha alcuna rilevanza, quando si parla di “cose fatte” (ad esempio l’architettura) si parla innanzitutto di qualcosa che non riguarda il ristretto raggio degli eventi politici, ma fenomeni di più “lunga durata”.7

La società civile, la cultura di un paese come l’Italia di un secolo fa, non nasceva dal nulla, ma da secoli di storia, di saperi e mestieri tramandati che si ponevano in continuità, a prescindere dai regimi politici vigenti nei vari momenti storici. Un edificio degli anni ‘30 era progettato da architetti e ingegneri formatisi prima del fascismo, realizzato da artigiani e artisti formatisi prima del fascismo, con imprese strutturate prima del fascismo. Il piano storico di esame non è della storia degli eventi politici, ma quello della storia della società e della cultura, che è di più lunga durata e solo in piccola parte condizionato dagli eventi politici.

Questo, ad esempio, è quanto osservò Pasolini nel suo famoso documentario “la forma della città” , apprezzando l’impostazione architettonica ed urbanistica di Sabaudia. (citazione di ppp).8

Era un mondo con mass media di potenza assai bassa in rapporto alla attuale. L’architettura era ancora uno dei veicoli essenziali di propaganda di un Regime. Ma questo è un fattore che va visto con una certa freddezza, come un mero dato della questione. Inutile e dunque dannoso, sul piano storico, dare giudizi morali.

L’Italia era un paese, nei primi anni del ‘900 in naturale forte crescita e industrializzazione, ancora privo di molta strutturazione primaria e secondaria. La sua crescita sul quel piano sarebbe comunque avvenuta, come del resto avvenne in tutti i paesi simili a prescindere dai singoli regimi. 9

Nelle prossime puntate vorrei fare alcuni brevi accenni nel vivo degli aspetti architettonici, cercando di individuare alcuni punti che meriterebbero una maggiore analisi storica finora inibita o rallentata dalla presenza ancora vitale di fattori di valutazione politico/morali.

(continua)

1Il ricco catalogo: Gresleri G. Massaretti PG., Zagnoni S (a cura di) Architettura Italiana d’oltrremare 1870-1940. Venezia, Marsilio 1993

2Ciucci Giorgio, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944. Torino Einaudi 1989. Ma l’impianto dello scritto era un saggio parte della Storia dell’arte italiana Einaudi in volume pubblicato ne 1982

3G.Accasto, V. Fraticelli, R. Nicolini, L’architettura di Roma Capitale 1870–1970. Roma Golem 1971

4C.De Seta, La cultura architettonica in Italia tra le due guerre, Bari Laterza 1972.

5Lo scritto “Il fascismo eterno” era contenuto inizialmente nella raccolta “Cinque scritti morali” edito da Bompiani nel 1997, da un discorso pronunciato in un simposio della Columbia University del 1995 per il cinquantennale della liberazione dell’Europa dal nazifascismo. Nella prefazione della raccolta è lo stesso Eco a puntualizzare che lo scritto era occasionale e rivolto agli studenti americani, a poca distanza dall’attentato dell’Oklahoma: “Quindi il tema dell’antifascismo assumeva particolari connotazioni in quella circostanza, e la riflessione storica voleva incoraggiare una riflessione su problemi d’attualità in diversi paesi …

6Per una disamina, ad esempio delle questioni attorno al “Giorno del ricordo”, vedasi lo speciale dedicato alla questione da L’Internazionale, qui: https://www.internazionale.it/notizie/nicoletta-bourbaki/2017/02/10/foibe

7Il concetto di “lunga durata”, come è noto, è stato elaborato da Fernand Braudel.

8il fascismo, il regime fascista non è stato altro, in conclusione, che un gruppo di criminali al potere» che «non ha potuto fare niente, non è riuscito ad incidere, nemmeno a scalfire lontanamente la realtà dell’Italia. Sicché Sabaudia, benché ordinata dal regime secondo certi criteri di carattere razionalistico-estetizzante-accademico, non trova le sue radici nel regime che l’ha ordinata ma […] in quella realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente ma che non è riuscito a scalfire, cioè è la realtà dell’Italia provinciale, rustica, paleoindustriale, che ha prodotto Sabaudia e non il fascismo”. Documentario Rai del 1974, visibile interamente qui http://www.teche.rai.it/2015/01/pasolini-e-la-forma-della-citta-1974/

9Si può senz’altro ritenere che una certa “nazionalizzazione” potesse favorire il potenziamento interno del paese. Ma questo non fu peculiare del fascismo ma comune anche non solo in paesi socialisti come Unione Sovietica o Cina (altrimenti preda della colonizzazione inglese), ma anche negli stessi paesi liberali, fortemente nazionalisti (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti). I processi di internazionalizzazione del capitale erano già presenti ma non ancora maturi. Tema che sarebbe da approfondire ma che esula dal nostro campo specifico di indagine.